Ecco un esercizio che ci proposero appena iniziato il corso di sceneggiatura... Un articolo di giornale e gli stessi fatti ri-raccontati da un punto di vista particolare...
CORREGGIO – Nella notte fra il 7 e l’8 luglio si è tramutato in strage un incendio scaturito secondo i rilevamenti dei vigili del fuoco dalla panetteria “il mugnaio felice” di via Pasternak. A causa del vento le fiamme si sono diffuse rapidamente alle palazzine circostanti e hanno impegnato i pompieri in un’estenuante lotta durata diverse ore. Pesantissimo il bilancio. Il personale del panificio e diversi abitanti del quartiere sono rimasti vittima delle fiamme o soffocati dai fumi. Il computo totale delle vittime ammonta a trentatre. Ingenti i danni alle strutture, l’edificio in cui si trovava il forno è crollato e i condomini circostanti hanno subito gravi danni che hanno indotto le autorità a decretarne l’evacuazione. Ancora incerte le cause. L’ipotesi più accreditata è che sia scaturito un corto circuito scaturito dai forni della panetteria ma alcuni testimoni riferiscono di aver udito un’accesa discussione provenire dall’interno del negozio fra le 4 e le 5 del mattino. La magistratura ha deciso di aprire un’inchiesta ma le indagini si preannunciano estremamente complicate. Le autorità hanno deciso di proclamare una giornata di lutto cittadino per commemorare le vittime di questa terribile tragedia.
CORREGGIO – Nella notte fra il 7 e l’8 luglio si è tramutato in strage un incendio scaturito secondo i rilevamenti dei vigili del fuoco dalla panetteria “il mugnaio felice” di via Pasternak. A causa del vento le fiamme si sono diffuse rapidamente alle palazzine circostanti e hanno impegnato i pompieri in un’estenuante lotta durata diverse ore. Pesantissimo il bilancio. Il personale del panificio e diversi abitanti del quartiere sono rimasti vittima delle fiamme o soffocati dai fumi. Il computo totale delle vittime ammonta a trentatre. Ingenti i danni alle strutture, l’edificio in cui si trovava il forno è crollato e i condomini circostanti hanno subito gravi danni che hanno indotto le autorità a decretarne l’evacuazione. Ancora incerte le cause. L’ipotesi più accreditata è che sia scaturito un corto circuito scaturito dai forni della panetteria ma alcuni testimoni riferiscono di aver udito un’accesa discussione provenire dall’interno del negozio fra le 4 e le 5 del mattino. La magistratura ha deciso di aprire un’inchiesta ma le indagini si preannunciano estremamente complicate. Le autorità hanno deciso di proclamare una giornata di lutto cittadino per commemorare le vittime di questa terribile tragedia.
Dura la vita di una
formica operaia. Esci dal formicaio, prendi il carico, trasporta il
carico, depositalo ed esci di nuovo. Per tutto il giorno. Tutta la
notte. Un moto perpetuo di briciole, di frammenti, di pezzettini.
Miseri tesori che accumulati formano il tesoro del formicaio. La vita
della comunità. Mi era una formica. Apparteneva al formicaio del
“mugnaio felice”. Aveva imparato a muoversi mimetizzandosi nelle
ombre dei tavoli. Nello sporco nero delle mattonelle. Sapeva evitare
quelle enormi e buffe creature bipedi. Così gigantesche quanto
letali. In una notte qualsiasi, per una formica operaia il tempo è
scandito solo dal trasporto, alla sua trentesima missione, aveva
trovato un enorme briciola di pane. Era fiera di trasportare un
simile trofeo. Aveva incrociato altre formiche ma aveva rifiutato il
loro aiuto. Voleva tutto per sé il merito di quel trasporto
eccezionale. Era sulla strada del ritorno, oberata dal suo carico,
quando all’improvviso due di quei bipedi giganti iniziarono a
discutere, aveva imparato a comprendere quel linguaggio così poco
essenziale e capì che c’era una femmina di mezzo, forse qualcosa
di simile a una formica regina. Mentre trasportava il suo carico
rifletteva sul linguaggio. Si chiedeva come mai gli uomini, questo il
nome di quei bipedi, usassero quei suoni così complicati. Molto
meglio usare le antenne e gli odori pensò fra sé e sé. Mentre era
assorta non si avvide che la discussione era degenerata. Volavano
parole grosse, sbuffi di farina e qualche sganassone. Altri uomini
accorsero per separare i due litiganti. In un formicaio che si
rispetti questo non sarebbe mai accaduto. Per Mi questo era un enorme
problema. Gli uomini non badavano certo a lei in quel momento ma lei
doveva badare a sé e al suo carico. Dovette schivare diverse pedate.
Dovette persino abbandonare il suo carico per un attimo per potersi
muovere più agevolmente. Si mise a correre quanto più in fretta
poteva con quel suo enorme tesoro che quasi le strappava le mandibole
mentre lo trascinava. Corse verso casa. Verso il formicaio sistemato
dietro quegli oggetti roventi. Tanto pericolosi quanto utili quando
l’inverno gela l’acqua nei tubi. Arrivò ai piedi del muro e si
concesse un breve riposo. Era fuori dell’azione dei bipedi ormai.
L’attendeva la parte più impegnativa del suo percorso, la salita
in verticale. Raccolse le forze e si incamminò con il suo carico.
Passo dopo passo. Millimetro dopo millimetro raggiunse la crepa
situata in prossimità di una specie di scatola nel muro. Una scatola
che conteneva e da cui partivano numerosi cavi. Cavi strani percorsi
da una strana vibrazione. Aveva sentito di alcune compagne morte
vicino a quei fili ma non aveva mai capito come fosse successo. Forse
si trattava solo di favole che le vecchie nutrici raccontano ai
formichini per spaventarli quando non si comportano bene. Si infilò
nel muro, era al sicuro ora. Pregustava già lo sguardo di plauso che
la formica regina le avrebbe tributato per il suo enorme carico.
Pensava che quello sarebbe forse bastato per tutto l’inverno per
l’intera comunità. Pensava a una promozione, a onori e glorie. Ma
la sua propensione alla fantasticheria questa volta le fu fatale.
Stava camminando su uno di quegli strani cavi quando all’improvviso
avvertì un’energia terribile, aveva messo le zampe in un punto
dove la gomma di cui erano ricoperti quei tubi era così consumata da
esporre il metallo che conteneva all’interno. Le antenne le si
drizzarono, le zampe si irrigidirono e poi fu un lampo improvviso e
di Mi non rimase nulla. Non rimase nulla nemmeno del formicaio di cui
Mi voleva essere l’orgoglio. La scintilla scaturita dalla formica e
da quella sua enorme briciola infatti aveva fatto scaturire migliaia
di altre scintille e subito dopo s’accese una piccola fiammella e
quella fiammella ne generò altre immediatamente. Ben presto divampò
un incendio. I bipedi cominciarono ad urlare con quei loro suoni come
poco prima. Ma questa volta non era rabbia era terrore. Quella stanza
che costituiva la fonte del nutrimento per il formicaio si era
trasformata nella sua fine.
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