Leo
vide il volto di Irene davanti a sé. Pallido e triste, risaltava nel
buio come fosse di marmo e riempiva il vuoto circostante di una
presenza inquieta. Il broncio apparente in quel momento era reale, sembrava
delusa, sembrava disperata. Era arrabbiata. Gli occhi erano cerchiati come
se avesse vegliato per secoli, i bei capelli castani erano bruciati come se
quei secoli li avesse trascorsi nel deserto.
- Leo
non devi farlo, non ne vale la pena.
-
Cosa?
Protese
le braccia in avanti per consolare quella tristezza che lo faceva
sentire colpevole ma la distanza fra loro si dilatava
proporzionalmente al suo sforzo.
-
Eeeeeeeeh ragazzo mio... Tutto è relativo!
Si
ritrovò accanto un ometto dai capelli bianchi e spettinati che
ammiccava al volto della ragazza. Albert Einstein. Niente meno.
-
Dipende dallo spazio curvo: la massa deforma lo spaziotempo così
quello che ti sembra vicino è lontanissimo eppure vicinissimo.
- Non
capisco.
- Per
forza! Io che sono un genio ho impiegato anni per arrivarci! Che
cazzo vuoi capire tu in due secondi?
- Ha
ragione, mi scusi.
Non
credeva che Einstein potesse essere così sgarbato. E sboccato.
-
Guarda lassù, ragazzo.
Leo
alzò lo sguardo verso la notte e vide le galassie e le pulsar come
appendici di un unico organismo universale. Pensò di comprendere
l'antica espressione “la musica delle sfere celesti” anche se non
era sicuro che si adattasse alla situazione. Una cometa fiammeggiante
sfrecciava nel vuoto cosmico come una Ferrari guidata da un idiota
sull'A1.
- Per
quanto sia veloce, i fotoni della sua luce ci raggiungono a una
velocità forse anche cento volte superiore. La luce è insuperabile!
Leo
guardò Einstein senza ben sapere come controbattere a quella
affermazione. Si limitò ad annuire e cercò con lo sguardo il viso
di Irene che era scomparso. E ci fu un lampo come il flash di una
macchina fotografica ma al rallentatore.
- Che
botto!
Leo
tornò a guardare il cielo e vide che la cometa aveva letteralmente
spazzato via una stella o forse un pianeta o chissà cos'altro e
l'aveva inviato a farsi un giro per l'universo sotto forma di una
miriade di frammenti fluorescenti che scorrevano come gocce sul
velluto.
- Hai
visto?
Einstein
sembrava eccitato come un bambino.
-
Sono eccitato come un elettrone! Eventi del genere non si vedono
tutti i giorni... Per fortuna, perché altrimenti sarebbe un bel
casino.
Leo
annuì nuovamente. Si sentiva particolarmente scemo per non riuscire
a proferire parola ma gli sembrava tutto troppo strano.
-
Certo che non sei un gran conversatore.
Lo
vide estrarre un orologio molle dal
panciotto.
- Be'
io vado, voglio rivoluzionare ancora un paio di leggi della fisica
prima di morire, alla faccia di Schroedinger e del suo gatto! Gli
direi io dove se lo può infilare per sapere se è vivo o morto!
Il
vecchietto fissò nel vuoto con ostilità e agitò il dito indice in
una minaccia indirizzata a un interlocutore invisibile, probabilmente
Schroedinger stesso. Leo non avrebbe mai immaginato che il Fisico,
quello con la F maiuscola, potesse essere così fuori di testa. Aveva
la maiuscola anche in quello.
-
Bah... Fisici quantistici!
Ci fu
un silenzio imbarazzato punteggiato dal canto di comunissimi grilli
terrestri.
- Be'
ora vado veramente... Stammi bene, ti chiamo io. E ricorda... Dio non
gioca a dadi!
E
si ritrovò solo, unico uomo ad avere la fortuna di contemplare
quello spettacolo cosmico meraviglioso e agghiacciante al tempo
stesso. Sublime. E gli sembrò di sentire il rumore di quelle scie di
fuoco che costellavano il cielo, un fruscio
come un bisbiglio. Si concentrò su quel suono e gli sembrò di
sentire una parola ripetuta. Qash'tar. I dubbi di aver capito bene si
dileguarono man mano che il suono aumentò di intensità, fino a
sembrare quasi un urlo di battaglia che risuonava nel vuoto siderale.
“Qash'tar! Qash'tar! Qash'tar!”. E come se un cameraman avesse
operato una zoomata a uscire ora vedeva chiaramente gli infiniti
universi di cui blaterano i mistici new age. Compenetrati, in moto
fra loro, uniti eppure distinti. E in tutti quegli universi risuonava
il grido, ed era diventato come un richiamo. “Qash'tar! Qash'tar!
Qash'tar!”.
Nessun commento:
Posta un commento