21.10.13

John Wayne Gacy Jr di Sufjan Stevens e il male dentro di noi...

Forse non sapete chi è John Wayne Gacy Jr, almeno io non lo sapevo fino a che qualche anno fa non mi sono imbattuto in questa canzone di Sufjan Stevens, uno dei più folli cantautori statunitensi in circolazione (ascoltatevi i suoi dischi di Natale per capire cosa intendo con "folle").


 John Wayne Gacy  nacque a Chicago (e per questo è incluso nell'album Illinoise di Sufjan Stevens, che aveva il progetto di scrivere un disco per ognuno degli stati americani) si sposò, ebbe dei figli, un lavoro imprenditoriale... Apparentemente conduceva una vita normale. Aveva un carattere socievole tanto che i vicini lo adoravano e lo ricordavano come una persona gentile e con un grande senso dell'umorismo. Compiva regolarmente attività di volontariato, vestendosi da clown ("Pogo" il suo nome d'arte) per assistere i bambini malati in ospedale. Un uomo modello?


In realtà fu uno dei più feroci serial killer che abbiano calcato il suolo terrestre. Attivo durante gli anni '70, le sue vittime accertate sono 33, praticamente tutte sepolte nel seminterrato della sua casa, praticamente tutti ragazzi fra i 16 e i 20 anni. Sembra che il primo omicidio sia stato fortuito, allmeno stando alla versione che John stesso ne diede dopo esser stato arrestato: dopo una notte di passione con un ragazzo questi ebbe la cattiva idea di preparare la colazione e di presentarsi nella camera da letto con un coltello. John sarebbe stato inavvertitamente ferito al braccio, ma sentendosi minacciato reagì, aggredì il ragazzo e dopo essersi impossessato dell'arma, lo uccise. E qualcosa in quel momento scattò dentro di lui. Più tardi disse di essersi sentito come prosciugato, come dopo il più prodigioso orgasmo. Da lì decise di ripetere l'esperienza che era stata così terribile ed esaltante ed iniziò la sua "carriera", che l'ha portato ad incidere pesantemente sull'immaginario americano (si ipotizza che il clown che incarna l'entità malvagia di "It" di Stephen King sia ispirato a lui) e a essere giustiziato per iniezione letale nel 1994.


La canzone tratteggia, sottolineandola con la sua musica malinconica e quel pianoforte inquieto, questa vicenda. Ma alla fine trasporta il discorso su un altro piano, gli ultimi versi infatti recitano:

"And in my best behavior I am really just like him
look underneath the floor boards for the secrets I have hid"
Quel "sono proprio come lui" è un pugno nello stomaco. Forse che Sufjan Stevens si sente come lui semplicemente perchè sente di avere qualche scheletro nell'armadio (ops... Sotto terra)? Ma allora perchè scomodare una simile figura? Forse che pensa di essere un potenziale serial killer?

La mia idea è che ciascuno di noi lo possa essere. O meglio... Che ciascuno di noi abbia dentro un lato oscuro che facciamo di tutto per rimuovere, ma che in qualsiasi momento, per una qualche strana occasione fortuita, sempre in agguato visto che la vita a volte sa come giocare pesante, può emergere e farci precipitare nell'incubo. Può essere il commettere un omicidio piuttosto che fare volontariamente del male a qualcuno, compiere un atto vandalico piuttosto che approfittare di una situazione a proprio vantaggio danneggiando gli altri. Mi si può dire che uccidere è ben diverso che infrangere una vetrina. Sì e no. Se il meccanismo che scatta è lo stesso allora è "solo" una questione di "quantità", non di "qualità". Se ad agire in quel momento è il "lato oscuro" (ok... Ogni volta che lo scrivo mi viene in mente Darth Vader... "Luke! Passa al lato oscuro!") che è dentro di noi, allora da un certo punto di vista non fa una gran differenza l'esito.

Mi spiego. Dall'esterno ci sembra impossibile arrivare a fare cose così terribili. Provare piacere nell'uccidere delle persone? Figuriamoci! Però per John il primo omicidio è stato frutto di una fatalità. Forse è solo un tentativo di giustificarsi a posteriori ma sono propenso a credere che lui ne fosse sinceramente convinto. E quante volte noi nelle nostre giornate ci sentiamo giustificati in quello che facciamo anche se sappiamo che non è proprio irreprensibile? E magari agli occhi di chi ci vede dall'esterno e che nulla sa di ciò che ci passa per la testa è evidente che siamo degli stronzi. Se tradiamo il nostro partner non siamo forse spesso portati a giustificarci con le circostanze? "Eh ma in questo periodo sono stressato/a e lui/lei non mi capisce". Se manipoliamo una persona non ci raccontiamo forse che lo facciamo per difenderci? Se evadiamo il fisco non è perchè in fondo i politici ci fottono da cinquant'anni quindi abbiamo ragione? Se siamo così abituati a scaricare la responsabilità delle nostre azioni addosso agli altri... Siamo così sicuri che non faremo mai niente di terribile senza magari nemmeno rendercene conto? Quando si passa il limite, quando si arriva oltre al ciglio del burrone, non si può che precipitare. Ma attenzione... Al ciglio del burrone ci si avvicina un passo alla volta. Ecco allora le maestre d'asilo che picchiano i bambini, gli uomini che uccidono le donne, i manifestanti che prendono a sassate i poliziotti e i poliziotti che manganellano senza cognizione. Probabilmente tutti "culmine" di percorsi, cadute dopo tanti passi di avvicinamento. Siamo proprio come loro.

La verità è che siamo fatti della stessa carne, dello stesso sangue, degli stessi tendini di cui era fatto Hitler. Prima ce ne rendiamo conto e prima potremo iniziare a guardarci dentro (ecco forse il verso significato di quel "guarda sotto le assi del pavimento" della canzone...), per arrivare ad essere davvero liberi.

Buona giornata, comunque. ^^'




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