La mummia aveva regnato
per un ventennio nel paese. Un piccolo paese insinuato nel mare, dal
grande passato, un presente angosciato e un futuro incerto. La mummia
aveva regnato per vent'anni quasi ininterrottamente, unica eccezione
due brevi periodi, due piccoli apostrofi rosa (in realtà grigi ma
rosa in confronto al resto) fra le parole “v'inculo con la sabbia”.
La mummia era stata eletta democraticamente, ammesso che una
democrazia sia possibile quando uno dei competitori possiede o
controlla tutte le televisioni e buona parte della stampa. Ammesso
che una democrazia sia possibile quando chi vota sembra non avere la
minima comprensione dei meccanismi base. Ammesso che una democrazia
abbia senso in un momento in cui il concetto di “bene comune”
sembra non averne. E per vent'anni, appunto, democraticamente la
mummia Berluscothep, aveva messo in ginocchio il paese non con chissà
quali flagelli biblici ma con una serie infinita di leggi ad personam
volte a tutelare il suo impero e che tutto il resto andasse pure a
troie (passatempo che per altro riteneva alquanto dilettevole).
Sembrava che la mummia fosse moribonda, non solo metaforicamente
parlando, mentre alla fine del suo ultimo governo si allontanava dal
palazzo del presidente del piccolo paese con il viso terreo più
floscio del solito, la bocca distorta in una smorfia, fra una folla
urlante di rabbia e subito dopo festante di gioia. Sembrava che la
mummia fosse sconfitta, sembrava che il piccolo paese potesse tornare
lentamente alla (semi)normalità, non tanto economica, ma politica e
sociale, con candidati che iniziavano a parlare di modi per
risollevarsi dalla crisi, strategie per rilanciare la produzione e
ipotesi alternative al prodottinternolordismo. Sembrava, pur nella
situazione disastrata, che si potesse presto o tardi arrivare a
qualcosa che seppur alla lontana potesse assomigliare a un nuovo
rinascimento, a una specie di umanesimo in miniatura. Poi un bel
giorno la mummia uscì dalla sua tomba e fece sentire la sua voce con
una delle sue cazzate leggendarie: “Torno per il bene del paese”.
Subito le televisioni si riempirono dei vecchi sacerdoti che la
celebravano utilizzando le stesse formule rituali che usavano da
vent'anni a quella parte, anzi se possibile erano ancora più
aggressivamente sfacciati. La sacerdotessa Sant'Anké, lo scriba
Ghed'Amon, la serva Biancofioriti erano tornati tracotanti a mostrare
le loro maschere plastificate. La mummia era la vera novità, la
mummia era pronta a salvare gli abitanti (che in parlamento in quel
momento si stesse per approvare una legge sulle frequenze televisive
sembrava essere un dettaglio trascurabile, infatti evitavano di
parlarne). Chi aveva provato a prendere il posto della mummia invece
naturalmente cadde in disgrazia, oppure con un'abile mossa
semplicemente si allineò al nuovo corso. E come sotto un incantesimo
terribile coloro che avevano iniziato a parlare di Politica,
iniziarono a cagarsi addosso, balbettando di fronte alle litanie
imparate a memoria dei succubi. Iniziò di nuovo la manipolazione
della realtà, le bugie, le acrobazie retoriche per giustificare
l'ingiustificabile. E i cittadini si trovarono di fronte a una prova
di maturità: volevano ancora credere all'uomo forte che salva tutto?
Avevano finalmente capito che la responsabilità di come stavano
andando le cose era prima di tutto loro, nel loro voto ma soprattutto
nel loro comportamento adottato giorno dopo giorno sin nelle scelte
più banali e apparentemente innocue? La trappola era sottile: la
mummia sapeva di non poter vincere, ma avrebbe potuto impedire ai
vincitori di portare avanti il cambiamento per poi sconfiggerli al
turno successivo. In un paese che ha memoria storica ma manca
completamente di memoria a breve termine, tanto che persino fatti
accaduti un mese prima vengono annegati in un mare di blaterate
sconclusionate, cosa sarebbe accaduto? Se i cittadini fossero caduti
nella trappola, quel paese avrebbe meritato di inabissarsi e andare a
riposare sul fondo del mare, là dove le murene sbisciano fra i cocci
di antiche glorie.
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